Una conferenza del socio Barontini dall'ospedale senza dolore al trapianto degli organi
Il 18 marzo 2002, il socio Leandro Barontini ha tenuto, nella sede dell’Osteria del Ghiotto a Pistoia un’interessante relazione sulla professione dell’anestesista: dall’ospedale senza dolore alla donazione degli organi.
Scopo dell’anestesia e quindi compito dell’anestesista è riuscire a rendere il paziente insensibile allo stimolo doloroso chirurgico in modo reversibile ed esente da compromissioni permanenti delle funzioni sia neurovegetative che cognitivo-relazionali.
L’anestesia può essere generale o periferica.
L’anestesia generale è un intervento plurifarmacologico sui meccanismi di percezione del dolore, sullo stato di coscienza e sul tono muscolare, teso ad ottenere: perdita della coscienza, rilasciamento muscolare, analgesia.
L’anestesia periferica prevede invece l’azione diretta di farmaci anestetici locali, iniettati in prossimità dei nervi periferici; tali farmaci bloccano reversibilmente la conduzione nervosa da e verso le zone distali al punto di iniezione del farmaco.
Il posizionamento di sottili cateteri nelle stesse sedi di iniezione dell’anestetico locale permette di prolungare, mediante iniezioni ripetute oppure infusioni continue, l’effetto analgesico per i primi giorni dopo l’intervento chirurgico.
Compito dell’ anestesista è anche quello di valutare lo stato di salute del paziente in rapporto al tipo di intervento chirurgico, le possibili conseguenze dell’intervento chirurgico e dell’anestesia su quel soggetto ed infine preservare il paziente dai vari insulti biologici cui verrà sottoposto durante e immediatamente dopo l’esecuzione dell’intervento e dell’anestesia.
Il controllo del dolore nel periodo postoperatorio e nel caso di pazienti affetti da neoplasie che determinano gravi sindromi fa parte del progetto “Ospedale senza dolore” che vede fra i principali protagonisti l’anestesista.
Oltre al settore anestesiologico esiste anche quello della Terapia Intensiva che vede l’anestesista occuparsi dei pazienti in condizioni critiche ed in particolare dei soggetti colpiti da shock, grave insufficienza respiratoria, traumatismi multipli, traumi cranici gravi, stati di coma di varia origine.
“L’intensivista” ha il compito di curare e segnalare i casi di morte cerebrale; inoltre fa parte del collegio medico per l’accertamento della morte cerebrale ed è quindi parte importante nel processo di prelievo e donazione di organi.
Appare evidente come, nel campo della terapia intensiva, l’anestesista si trovi spesso di fronte a rilevanti problemi etici che possiamo definire “i limiti della medicina ai limiti”.
La sacralità della vita ed il concetto del “salvare la vita” come compito della medicina sono estremamente radicati nella società occidentale ma diventano sempre piu difficili da conciliare con ciò che è il bene effettivo del paziente in condizioni critiche avanzate, quando la morte può essere l’evoluzione prevista.
Il dibattito si svolge su alcuni punti cardine:
Il limite fra “appropriatezza delle cure” ed “accanimento terapeutico” quindi fra proseguimento aggressivo della sopravvivenza ed accettazione della morte.
Il limite ai trattamenti ed i D.N.R. order (volontĂ di non essere sottoposti a rianimazione in caso di arresto cardiaco)
Il concetto di “qualità della vita” nel rispetto dell’autonomia del paziente, in contrapposizione alla sopravvivenza a tutti i costi.
Il principio di giustizia distributiva: non dovrebbero essere praticati trattamenti inutili, le risorse (che non sono infinite) dovrebbero essere destinate a chi veramente può trarne beneficio.
Nella medicina ai limiti “fare il meglio” per il paziente può essere sia iniziare e preseguire i trattamenti intensivi, sia non iniziarli o sospenderli
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